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12 febbraio 2015. A Minsk, i colloqui dei leader di Francia, Germania, Russia, Ucraina e i rappresentanti del Gruppo di contatto trilaterale hanno sottoscritto, a fronte del precedente protocollo di Minsk del 5 settembre 2014, un pacchetto di misure per l’attuazione un accordo finalizzato a raggiungere l’immediato cessate il fuoco e a porre fine al conflitto nel Donbass. L’accordo della capitale bielorussa offrí una chance alla pace, difficile quanto si vuole, ma si pose come una prima architettura coerente per porre fine a un conflitto che in meno di un anno provocò oltre 5 mila morti, decine di migliaia di feriti e almeno un milione di rifugiati. Sul Corriere della Sera di venerdì 13 febbraio 2015, l’articolo di fondo di Franco Venturini dal titolo “Le spine nascoste di una pace”, lascia intravedere il triste futuro dell’Ucraina: «A Minsk é stato raggiunto un accordo che sarebbe sbagliato sottovalutare, ma la speranza della pace deve ancora superare tali ambiguità e tali ostacoli da rendere obbligatoria una cautela che sfiora lo scetticismo […] Una tregua decisa e sottoscritta può essere trasmessa ai combattenti nell’arco di poche ore, quando lo si ritiene opportuno.Si prende tempo, invece, se c’è da conquistare altro territorio prima di allontanare il dito dal grilletto. Tanto più se é vero, come ha detto Poroshenko, che cinquanta carri armati russi hanno attraversato il confine proprio mentre a Minsk si negoziava». Paolo Rastelli e Paolo Valentino riassumono così l’accordo: «Cessate il fuoco dalla mezzanotte del 15 febbraio, più autonomia alle aree del Sudest, zona cuscinetto lungo la linea del fronte: sono i punti chiave dell’intesa sull’Ucraina raggiunti a Minsk dopo una maratona negoziale tra Merkel, Hollande, Putin e il leader di Kiev Poroshenko. Per la cancelliera tedesca, l’accordo rappresenta “un barlume di speranza”. E Obama “Ora la Russia ritiri armi pesanti e soldati”».
Corriere della Sera di venerdì 13 febbraio 2015
«Sono state 16 ore di estenuante maratona, qualcosa a metà tra una lunga mano di poker e un’infinita sfida di scacchi, dove bluff e crudi ragionamenti, toni accesi e minacce velate si sono alternati e sovrapposti»
Paolo Valentino
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