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17 febbraio 2005. Considerato uno dei giocatori più forti di tutti i tempi, Omar Sivori morì nella sua casa di San Nicolás de los Arroyos (da lui chiamata La Juventus in omaggio al club italiano), a causa di un tumore al pancreas, all’età di sessantanove anni. Era genio, anarchia, era luce per generazioni di torinesi che con lui, che grazie a lui, iniziarono ad amare la Juventus. Sulla Gazzetta dello Sport di venerdì 18 febbraio 2005, dall’articolo “Che incanto giocare con lui” dell’amico di sempre Giampiero Boniperti possiamo leggere: «Omar é stato uno dei più grandi. Io gli ho giocato vicino per tanti anni alla Juve e lo so molto bene. Omar era irridente, spesso irritante, quasi sempre imprevedibile. Caratteri molto diversi, il mio e il suo: ci pizzicavamo e fuori dal campo qualche discussione l’abbiamo avuta. Ma quando era il momento di giocare diventavano come fratelli: “Omar si va a vincere”, “Boni si deve vincere”. E di soddisfazioni ce ne siamo prese tante». Federico Buffa a suo modo lo ricorda con queste parole: «Io lo trovo di un fascino irreale. Penso che sia un giocatore che abbia diviso la storia del calcio italiano nel dopoguerra, obiettivamente perché ha generato una passionalità, per un giocatore che aveva due indole, una demoniaca e una ipersensibile».
La Gazzetta dello Sport di venerdì 18 febbraio 2005
«Vederlo giocare era un incanto: tocco di palla, dribbling e quel tunnel straordinario e maledetto che ha fatto impazzire gli avversari. Sivori aveva una classe eccezionale, mai soprattutto, pensava più veloce degli altri: per questo giocare con lui era una meraviglia»
Giampiero Boniperti
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