15 maggio 1966. La ‘Grande Inter’ di Helenio Herrera si cuce sul petto la prima stella. Quel giorno, un 4-1 alla Lazio in un San Siro gremito sancisce, come sottolinea giustamente Angelo Moratti, l’ennesimo successo di uno dei periodi più vincenti della Beneamata. Uno, però, dal sapore particolarmente dolce. È il decimo scudetto che dà diritto a quella stella d’oro che, come deciso dalla Federcalcio, andrà vestita dalla parte del cuore. Qualcosa che “vincendo o perdendo nel futuro altri scudetti, rimarrà sempre sulle maglie” come rimarcato ancora dal presidente di allora. Un’impresa la cui dimensione sarebbe stata più chiara oltre 50 anni dopo, quando a veder scintillare quel simbolo sulla propria maglietta saranno, in Italia, soltanto tre squadre. La Gazzetta dello Sport di lunedì 16 maggio 1966 titola: «Scudetto (il 10°) all’Inter». Nell’articolo di fondo “Suarez propizia il terzo titolo di H.H.” a cura di Angelo Rovelli possiamo leggere: «Agli invasori, ostacolati da agenti e carabinieri, rimaneva in ostaggio alla fine il solo Domenghini il quale avendo segnato l’ultimo gol, poteva bene simboleggiare il trionfo […] Il più meritevole della circostanza sarebbe stato Luisito: è lui che ha, in diverse fasi, sollecitato l’incitamento sul ritmo del “Cha-cha-cha”, all’Inter scatenata alla ricerca del gol; è lui che ha provocato alla fine la commozione dei vecchi interisti veduti lacrimare nel momento stesso in cui la stella dei dieci scudetti otteneva sul campo sanzione ufficiale».
Gazzetta dello Sport di lunedì 16 maggio 1966
«Il nostro decimo scudetto è come un francobollo che completa, con la stella d’oro, una già ricca collezione»
Angelo Moratti
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