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6 aprile 2009. La città della’Aquila presenta ancora una ferita aperta così come lo sono i nostri cuori per l’Abruzzo e il terremoto che in trenta secondi ha provocato 309 vittime, abitanti della sua stessa esistenza che sono diventati il senso di colpa, la rabbia e l’amarezza. «Il Paese» – come ha sottolineato di recente il presidente Mattarella – «seppe reagire, mobilitando tutte le proprie energie, mentre gli abitanti dell’area colpita dal sisma trovarono la forza per iniziare a ricostruire le case, i luoghi di lavoro, le scuole, per recuperare – per quanto possibile – le bellezze artistiche. Il percorso di rinascita di quella terra è divenuto un traguardo e un patrimonio civico comune». Il Corriere della Sera di martedì 7 aprile 2009 riporta la notizia a tutta pagina con il titolo “Macerie e morte in Abruzzo”. Nell’articolo dedicato “La terra impazzita e i giuramenti mai mantenuti”, a cura del corrispondente Gian Antonio Stella, possiamo leggere: «Non c’è passero che voli, nel cielo azzurro di Onna. Non una rondine che sfrecci. Non una cinciallegra che canti. Solo il silenzio. Un silenzio gonfio di disperazione. Rotto solo dal pianto di qualche parente e dal rumore del caterpillar che affondano le pale tra le rovine tirando su qualche cucchiaiate di quotidianità annientata».
Corriere della Sera di martedì 7 aprile 2009
«Alle quattro del pomeriggio, tra i ciliegi e i meli in fiore di Onna, l’antica Villa Unda nota al papa Clemente III, è già chiaro che non bastano, tutte quelle casse di legno chiaro fatte arrivare a più riprese fin dalla mattina e allineate da una parte, sotto il tronco di una robinia. Un poliziotto stende sull’ultimo poveretto estratto dalle macerie, infagottato tra coperte e lenzuola, un pezzo di nastro adesivo da pittori. Ci scrive un nome col pennarello»
Gian Antonio Stella
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