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2 novembre 1975. Nella notte tra l’1 e il 2 novembre 1975, lo scrittore, regista e attore Pier Paolo Pasolini, considerato tra i maggiori intellettuali italiani del Novecento, fu brutalmente assassinato sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia. Il colpevole venne identificato nel reo confesso Pino Pelosi e l’omicidio fu rubricato come lite tra omosessuali andata a finire male.
Nel taglio alto del Corriere della Sera del 3 novembre 1975 Ulderico Munzi scrive: «La scena del delitto è uno sterrato deserto su cui sorgono delle squallide casupole abusive, quasi delle baracche. Lo scrittore è stato massacrato a colpi di bastone. Poi l’assassino ha schiacciato il suo corpo steso a terra nella polvere con le ruote di una automobile. Chi ha agito in modo così spietato è un ragazzo di 17 anni e quattro mesi, un ragazzo di borgata. Si chiama Giuseppe Pelosi, abita sulla Tiburtina. Sembra uno di quei tragici giovani descritti da Pasolini: magro, slanciato, altezza media, volto ancora infantile ma marcato, capelli ricci». La versione fornita all’epoca dal giovane destò subito molte perplessità, così come le avrebbe suscitate la sua clamorosa ritrattazione, a distanza di un trentennio. All’Idroscalo di Ostia non morì solo un intellettuale controverso. Morì un poeta e una coscienza critica di un Paese che lo aveva sempre guardato con imbarazzo e talvolta persino con disprezzo.
Il Corriere della Sera di lunedì 3 novembre 1975
«Se Pasolini avesse dovuto girare il film della sua morte, con un’inquadratura, forse la prima avrebbe indugiato sullo scenario scelto per quel delitto. Ruotando di centottanta gradi la macchina da presa nel mirino, avrebbe messo a fuoco, in lontananza gli orrendi palazzoni del lido di Ostia, classici monumenti al consumismo estivo, per poi puntare l’obbiettivo sulla Baraccopoli che da quel confine si stende per una decina di chilometri senza soluzione di continuità fino al delta del Tevere. È la zona detta dell’Idroscalo»
Antonio Padellaro
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