Gli angeli di San Giuliano

31 ottobre 2002. Erano le 11,32. Una scossa di magnitudo 5.7 come ricorda l’Ingv, venne avvertita in una vasta area dell’Italia centro-meridionale, ma a San Giuliano di Puglia, in Molise, si compì una tragedia: il crollo del tetto della scuola elementare Francesco Jovine. Fu l’unico edificio a sbriciolarsi sotto l’onda d’urto della scossa. Sotto le macerie morirono 27 bambini (l’ultimo cessò di vivere un mese dopo al “Bambin Gesù” di Roma) e una maestra. Rimasero intrappolati anche 8 insegnanti, 2 bidelli e 58 alunni. Molti sopravvissuti hanno riportato gravi ferite. La Corte di cassazione il 28 gennaio 2010 ha definitivamente stabilito la colpevolezza dei cinque imputati: l’ex sindaco di San Giuliano di Puglia, Antonio Borrelli, Giuseppe La Serra (progettista della sopraelevazione crollata), Mario Marinaro (tecnico del Comune) e i costruttori Giovanni Martino e Carmine Abiuso.

Il Corriere della Sera di venerdì 1 novembre 2002 titola in prima pagina: «I bambini sotto le macerie del terremoto: Salvateci». Dall’articolo di spalla dedicato “La fatalità e la colpa” Gaspare Barbiellini Amidei scrive: «Quei bambini morti nel Molise, a San Giuliano, per molto tempo  non ci lasceranno dormire. Ciascuno di noi vorrebbe spiegarsi come possa accadere, per fatalità o per imprevidenza, che il primo edificio crollato sotto una scossa di terremoto nel mezzo di una mattina di fine ottobre sia l’ultimo che sarebbe dovuto crollare, per quale progressivo slittamento della nostra idea di ordine e di sicurezza non sia la scuola il luogo più sicuro di ogni paese e di ogni città. Il rito scaramantico della prorogatio, parola latina e abitudine italica di rinviare legalmente obblighi e sanzioni, ha creato un fossato profondo quattordici anni, dentro il quale l’infanzia e l’adolescenza sono protette alla rovescia».

Il Corriere della Sera di venerdì 1 novembre 2002

«I nomi, soltanto i nomi. Rotolano nel buio sospinti dalle lacrime, dalla disperazione. Perché coi nomi, soltanto coi nomi, le madri cuciono gli ultimi brandelli di speranza, sognando che quei fili annodino la vita dei loro bambini e non la facciano fuggire via»

Enzo D’Errico


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