Attentato di Macerata

 
3 febbraio 2018. Verso le ore 11, nel centro della città di Macerata, furono esplosi alcuni colpi di pistola da un’autovettura in movimento, una Alfa Romeo 147 nera, ferendo diverse persone e colpendo anche negozi ed edifici. I colpi, esplosi con una pistola semiautomatica colpirono diversi punti del centro cittadino e in particolare la sede locale del Partito Democratico. Nell’attacco rimasero ferite sei persone, tutti immigrati originari dell’Africa subsahariana con età compresa tra i 20 e i 32 anni. Diramato dal sindaco lo stato di allerta, per l’attacco venne arrestato Luca Traini, un uomo di 28 anni incensurato e da anni vicino agli ambienti di estrema destra, il quale, secondo la ricostruzione, sarebbe partito in auto da Tolentino e, con l’intenzione di vendicare l’omicidio di Pamela Mastropietro, (la ragazza di 18 anni uccisa pochi giorni prima dal nigeriano Innocent Oseghale), dopo aver sparato, sarebbe sceso dall’auto davanti al Monumento ai Caduti cittadino, dove avrebbe fatto il saluto romano e gridato “Viva l’Italia” con un tricolore legato al collo, prima di arrendersi alle forze dell’ordine. Antonio Polito nell’articolo di fondo “Ora niente sia più come prima” in prima pagina Corriere della Sera di domenica 4 febbraio 2018 scrisse: «Macerata, Alabama. Forse per la prima volta nella nostra storia recente vediamo materializzarsi anche da noi l’incubo del terrore razzista. Non c’era infatti altro criterio se non quello razziale, ieri mattina, nella scelta delle vittime di Luca Traini: sparare a chiunque non fosse bianco. A ragione si era inciso un simbolo neonazista sulla tempia, era lo stesso criterio con il quale le SS rastrellavano gli ebrei, o il Ku Klux Klan impiccava e bruciava i neri: ripulire la società da esseri ritenuti inferiori o impuri per mettere a posto tutto ciò che non va, e ripristinare l’ordine di un passato mitico e immaginato».

Corriere della Sera di domenica 04 febbraio 2018


«Dobbiamo aprire gli occhi su che cosa sta diventando l’Italia. E non a senso unico. Abbiamo innanzitutto la colpa di aver accettato senza preoccuparcene troppo lo sdoganamento del discorso di odio come forma abituale di polemica culturale e politica»

Antonio Polito


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