29 febbraio 1928. Muore a Roma il generale italiano Armando Diaz. Nato a Mercato San Severino nel 1861, Diaz inizia giovanissimo la carriera militare e nel 1914 viene nominato maggior generale. Dopo la disfatta di Caporetto, nel 1917 sostituisce Luigi Cadorna come Capo di Stato Maggiore del Regio Esercito durante la prima guerra mondiale. Diaz riorganizza l’esercito e predispone un’efficace resistenza sul Monte Grappa e sulla linea del Piave. Un anno più tardi guida le truppe nella controffensiva che, tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre, consente all’esercito italiano di entrare a Vittorio Veneto e a Trento. Dopo la capitolazione dell’Austria, il 4 novembre 1918, Diaz stila il celebre bollettino della vittoria. Nel 1921 viene insignito del titolo di Duca Della Vittoria. È ministro della guerra nel primo governo Mussolini, che in seguito lo nomina – per onorarlo – Maresciallo d’Italia. Sul Corriere della Sera di venerdì 1 marzo 1928 il titolo a tutta pagina “La repentina morte di Armando Diaz”. La prima pagina è interamente dedicata al Generale e, dall’articolo a cura della redazione, possiamo leggere: «Dorme con il Milite Ignoto nel monumento solenne. E tra il Milite Ignoto e il Generale glorioso alto sarà il colloquio nel regno degli spiriti. Generale, come corse fulmineo, per tutto il mondo, il Bollettino sublime che avete firmato. Voi, dopo averne voluta e creata la sostanza! Quale Italiano non ne ricorda ogni sillaba., e non lo conclude nel vostro nome, fuso nella bellezza superba di quella pagina di storia italica e di italica poesia? Oggi ripalpitano e risuonano le brevi righe lapidarie. Veramente epigrafe più meravigliosa e più giusta non si potrebbe dettare per la tomba che accoglierà il grande soldato! Si dovrebbe incidere sulla pietra che calcherà sulla sua bara quel Bollettino immortale. Tutto sarebbe detto, del Duca della Vittoria: come la sua vita fu interamente offerta alla Patria, come Egli fu obbediente nell’ora dell’obbedienza, dominatore degli uomini e degli eventi nell’ora delle responsabilità, e come fu fautore ed autore della suprema invitta pazienza e dello sforzo prodigioso che distrussero un impero secolare, nimicissimo, formidabile e bieco».
Corriere della Sera di venerdì 01 marzo 1921
«C’era, dunque, in Armando Diaz, una lunga e rude preparazione agli alti comandi, c’era in lui una competenza da tutti giudicata di prim’ordine e quel non comune istinto del “saper comandare”, che è una delle virtù essenziali per un generale»
Redazione Corriere della Sera
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