Apollo 8
Per la prima volta nella storia l’uomo ebbe la possibilità di vedere la parte nascosta del satellite terrestre e di orbitare intorno ad esso in una missione piena di rischi e di incognite, che avrebbe potuto trasformarsi in una tragedia. Spinti dal potente razzo vettore Saturno V, i tre astronauti membri dell’equipaggio – il comandante Frank Borman, il pilota del modulo di comando James Lovell e il pilota del modulo lunare William Anders – divennero pertanto i primi esseri umani ad uscire dalla gravità terrestre, a poter osservare la Terra nella sua interezza, ad entrare nel campo gravitazionale di un corpo celeste diverso dalla Terra (la Luna), a vedere con i propri occhi il lato nascosto della Luna, ad essere testimoni dallo spazio del sorgere della Terra dall’orizzonte della Luna e a rientrare nel campo gravitazionale terrestre. Dino Buzzati sul Corriere della Sera di domenica 22 dicembre 1968 scrive: «Tutto viene dalla eterna spinta irreversibile che, per il bene o per il male, volenti o nolenti, ci costringe a voler vedere sempre di più, conoscere sempre di più, dominare la natura sempre di più. È l’impeto della vita nella sua forma più alta e intrepida, che si oppone alla livellatrice dissoluzione dell’entropia. È il grande respiro dell’uomo. Ed era fatale che, presto o tardi l’uomo, intraprendesse il “folle volo”. La Terra completamente esplorata, perlustrati tutti ghiacci, salite tutte le vette, la casa era diventata carcere, un giorno o l’altro inevitabile il tentativo di evasione» […] «…guardavo la Luna nel suo più grande splendore, e mi chiedevo: Ti rivedremo mai più così lontana, irraggiungibile, misteriosa? Fra un mese, se gli astronauti ti avranno raggiunta, potrai trasformare ancora le nostre povere cose in un sogno, ci darai ancora quell’indicibile incanto, quei sovrumani pensieri, quell’arcano struggimento? Ho paura di no».
«Tutto viene dalla eterna spinta irreversibile che, per il bene o per il male, volenti o nolenti, ci costringe a voler vedere sempre di più, conoscere sempre di più, dominare la natura sempre di più. È l’impeto della vita nella sua forma più alta e intrepida, che si oppone alla livellatrice dissoluzione dell’entropia. È il grande respiro dell’uomo. Ed era fatale che, presto o tardi l’uomo, intraprendesse il “folle volo”. La Terra completamente esplorata, perlustrati tutti ghiacci, salite tutte le vette, la casa era diventata carcere, un giorno o l’altro inevitabile il tentativo di evasione» […] «…guardavo la Luna nel suo più grande splendore, e mi chiedevo: Ti rivedremo mai più così lontana, irraggiungibile, misteriosa? Fra un mese, se gli astronauti ti avranno raggiunta, potrai trasformare ancora le nostre povere cose in un sogno, ci darai ancora quell’indicibile incanto, quei sovrumani pensieri, quell’arcano struggimento? Ho paura di no»
Dino Buzzati – Corriere della Sera domenica 22 Dicembre 1968
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