26 maggio 1955. Alberto Ascari, uno dei più grandi piloti italiani del Novecento nonché simbolo dell’automobilismo, vivo per miracolo dopo un volo in mare al Gran Premio di Montecarlo con la sua Lancia D50, morì pochi giorni dopo durante un giro di prova a Monza a bordo di una Ferrari 750 Sport. In seguito alla morte del suo pilota di punta, la Lancia annunciò l’addio alle competizioni e cedette tutto il materiale tecnico, vetture e motori, alla Ferrari. L’anno successivo Manuel Fangio avrebbe vinto il suo terzo titolo mondiale al volante di una di quelle vetture. Il Corriere della Sera di venerdì 27 maggio 1955 titola: «La morte di Ascari a Monza». Nell’articolo interno dal titolo: “Non inutilmente” a cura di Dino Buzzati possiamo leggere: «Dinanzi alla macchina rovesciata in mezzo al verde, alla orribile scia di sangue sulla pista, al mortale silenzio della natura intorno si affollano in un gorgo le domande. Perché Alberto Ascari non ha ascoltato quello che certamente anche a lui potè sembrare l’avvertimento del destino, quel tocco d’ala gelido con cui la morte lo aveva sfiorato quattro giorni fa, a Montecarlo, quasi gli volesse dire: “Sta attento, troppe volte ormai ho sopportato la tua sfida, e questa è l’ultima ricordalo”».
Gazzetta dello Sport di venerdì 27 maggio 1955
«La folla ha cercato di uscire dallo stadio, avventandosi verso i cancelli, che precedentemente erano stati chiusi per impedire l’accesso allo stadio di altri numerosi tifosi, che protestavano per non esser riusciti a procurarsi il biglietto d’ingresso. Così c’è stato chi è rimasto schiacciato contro i cancelli, o contro il cemento delle gradinate, oppure travolto e calpestato da persone urlanti di terrore»
Redazione Gazzetta dello Sport
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