21 febbraio 1994. Maurilio De Zolt, Marco Albarello, Giorgio Vanzetta e Silvio Fauner alle Olimpiadi invernali in casa dei favoriti norvegesi, scrivono una delle pagine più belle dello sport italiano. Quattro moschettieri che hanno segnato con la loro forza, classe e tecnica una memorabile impresa. La gara di staffetta 4×10 chilometri di sci di fondo si disputò sul percorso che si snodava nello stadio Birkebeineren di Lillehammer con un dislivello massimo di 68 metri e presero parte alla competizione 14 squadre nazionali. Fauner, l’ultimo frazionista della staffetta azzurra, batte in volata Bjørn Dæhlie, consentendo all’Italia si strappare la medaglia d’oro alla squadra di casa. Sulla Gazzetta dello Sport di martedì 23 febbraio 1994, dall’articolo di Elio Trifari possiamo leggere: «Battere i norvegesi in Norvegia, in una Olimpiade, in una prova di squadra, nella disciplina che hanno contribuito inventare e lanciare nel mondo è come vincere il giavellotto nello stadio olimpico di Helsinki, o strapazzare gli All Blacks in Nuova Zelanda: un’impresa che respinge tutti gli aggettivi, perché semplicemente unica. Quella che De Bolt, a oltre 43 anni, Albarello Vanzetta e Fauner hanno scritto ieri a Lillehammer è una pagina che esce di colpo dal più segreto capitolo del nostro riposto libro dei sogni e va dritta a colpire il cuore, i sensi, la fantasia, ma anche la carne e il sangue d’un popolo».
La Gazzetta dello Sport di martedì 23 febbraio 1994
«Anche in Norvegia, dove il fondo ha gli eroi e la sacralità del calcio in Brasile, c’era ieri un Maracanà attorno alle piste, pronto alla celebrazione. Ma stavolta gli eroi erano nostri. Penso che anche il silenzio di quella marea di popolo del Nord entri solennemente nella nostra storia»
Candido Cannavò
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