Il milite ignoto

4 novembre 1921. Nel sacello posto sull’Altare della Patria di Roma da oltre un secolo riposa un militare italiano caduto al fronte durante la prima guerra mondiale. Un giovane di cui non si conosce il volto, il nome e la sua storia. L’intento di preservare per sempre nella capitale la sua memoria fu proposta dal colonnello Giulio Douchet nell’estate del 1920 e si concretizzo l’anno seguente con il progetto di legge per la «Sepoltura della salma di un soldato ignoto». Il suo relatore, l’onorevole Cesare Maria De Vecchi, indicò la data di sepoltura (il 4 novembre) e come luogo l’Altare della Patria, perché quivi il popolo potrà, meglio che altrove in grandi pellegrinaggi rendere i più alti onori al morto che è tutti i morti, che è primo e supremo artefice della nuova storia. Maria Maddalena Blasizza, in rappresentanza di tutte le madri italiane che avevano perso un figlio durante la guerra e del quale non erano state restituite le spoglie, fu incaricata nella basilica di Aquileia di scegliere il corpo di un soldato tra undici salme di caduti non identificabili, raccolti in diverse aree del fronte. Maria si accasciò al suolo davanti alla decima bara urlando il nome del figlio. Su quella bara dunque cadde la scelta del milite ignoto. Questo il racconto riportato da Otello Cavara sulla fase finale della tumulazione e presente sulla prima pagina Corriere della Sera del 5 novembre 1921 interamente dedicata all’evento. «Viene presentata al Re la medaglia d’oro da lui conferita al più grande soldato d’Italia. Il Re la bacia, poi la consegna al ministro della Guerra che, ad un cenno del Sovrano, la pone sul feretro, fermandola con un artistico martello d’oro fornito dalla consorte di un eroico caduto. Poscia sul feretro viene deposto da un combattente l’elmetto del fante. Immediatamente dopo, un ingegnere addetto al Monumento, premendo un campanello elettrico, avverte invisibili manovratori di lasciare scorrere le funi dorate. Qualche secondo trascorre, poi la pietra sepolcrale si solleva fino a chiudere la tomba».

Il Corriere della Sera di sabato 5 novembre 1921

«Quell’ignoto figlio d’Italia che ieri ha avuto una celebrazione veramente religiosa riceve il suo ordine, prese il suo posto, combattè e sofferse, obbedì. Non si aspettava nulla che lo compensasse del sacrificio, ma sentiva che bisognava tenere il proprio posto e obbedire e che sopra di lui c’era una grande sorte agitata fra la tenebra e la luce e che sopra le più alte volontà de’ suoi capi c’era la volontà di vita espressa col nome Patria. E morì per il dovere oscuro. Dopo tanto splendore d’apoteosi, la Patria ricorda a ogni cittadino che ieri si commosse e si esaltà ch’ella vive e ascende per il dovere oscuro d’ogni cittadino»

Redazione Corriere della Sera


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